17 aprile 2014

5 ANNI DI SESTERO E LA SERATA DEL VELA


La sera prima...
Quella del Vela è una serata che non dovrebbe esistere organizzata da un’associazione che non dovrebbe esserci. Una serata che ti prosciuga prima e dopo perché vorresti raccontare tutto quello che hai avuto la voglia e la fortuna di conoscere e ricevere ma per quanto ti impegni non ci riesci mai. A volte perché ogni minuto genera qualcosa da aggiungere altre, più spesso, perché non hai studiato abbastanza per tradurre emozioni, sguardi e pensieri in parole.  Quando con Sergio e Stefano è nata l’idea di costituire una associazione di promozione sociale abbiamo pensato solo agli aspetti positivi. Tra gli altri quello di poter sfogare le rispettive passioni senza dover dipendere da nessun altro, disposti a condividere con chi fa rimbalzando chi l’attenzione per gli altri la delega. Presidente e vicepresidenti solo perché previsti dallo statuto e non per collezionare fotografie o portar saluti. Nelle iniziative varesine come quelle svolte in ogni altra parte del mondo l’idea è rimasta la stessa con la convinzione crescente che “non occorre fare cose speciali, è sufficiente fare con amore cose normali”. Ogni evento o incontro quasi mai è stato fine a stesso. Ogni volta che siamo arrivati in fondo pensando di salutare è nato un arrivederci. Dal Memorial Sandro Gianoli dedicato da Sergio al suo papà dal quale ha ereditato l’amore per il ciclismo all’ultima arrivata Pedala con Zazà che Stefano ha voluto per veder pedalare gli appassionati sulle strade della sua Valle Olona. Dal Gran Gala del Ciclismo Varesino di Sergio alle serate del Vela precedute da quelle a Villa Cagnola, Ville Ponti e Collegio De Filippi. Dalle donazioni alle realtà sociali più vicine a quelle in Burundi dove ogni progetto realizzato ne ha generato un altro e un altro ancora. Cose belle condivise con belle persone. Cose speciali perché normali. E quando finisci nasce il rammarico di aver vissuto una bella cosa che vale la pena di raccontare per poterla “passare” ad altri perché altri abbiano la fortuna di poter condividere cose così. Esenti da amarezze e delusioni? Impossibile. Impegno e passione più sono genuini e importanti e più producono invidia. Critiche e obiezioni al vetriolo sono all’ordine del giorno da parte di chi non riuscendo o non volendo organizzare anche solo una cena tra amici sale sul pulpito per giudicare o peggio, sporcare chi fa. Della serie: avrà il suon torna conto, avessi io il suo tempo libero, avessi io conoscenze e coperture. Antidoti? Solo l’età. Con il passare degli anni te ne fai una ragione, diventi un po’ sordo e le diottrie diminuiscono. Tutto serve per andare avanti, tagliando rami secchi e riservando attenzione e considerazione solo per i germogli che non mancano mai. In fondo in fondo però, l’amarezza resta. L’io prevale ancora sul noi. Ecco perché questa volta al Vela è più importante chi e non quanti saremo. Chi ancora oggi misura il significato di una serata o di qualsiasi altra iniziativa dai minuti della sua presenza sul palco resti pure nel suo eremo. Prima o poi qualcosa o qualcuno lo convincerà che l’importante è esserci per crescere, conoscere e dare il cambio alla guida di un movimento come di una passione che per sopravvivere ha bisogno di un continuo ricambio. Tutto pronto per la serata del Vela?
Per una serata come quella del Vela non si è mai pronti. Ecco perché nonostante tutto vale la pena di viverla prima e durante con l’illusione che non duri lo spazio di una sera. 

La sera dopo... 
Francesco Caielli (La Provincia di Varese 17/04/14)
«Notte in bianco sul divano. Chiudendo gli occhi mi sembrava di spegnere qualcosa. Stamattina alle sette colazione con i sardi. Alle otto colazione con la famiglia della Margherita. Adesso sì, che posso anche dormire. Famiglia e amici come voi. Sono l’uomo più ricco del mondo». Ieri mattina Roberto Bof ci ha scritto questo messaggio: dopo una notte insonne, dopo troppe emozioni, dopo l’adrenalina che ti sa regalare solo la sensazione di aver reso felice qualcun altro. Già: la serata del Vela è passata e se n’è andata via come il giorno di Natale. Troppo intensa, troppo piena, troppo bella, troppo breve. È passata lasciandoci addosso un bel po’ di cose: cose che faremmo bene a tenerci lì per un po’, prima di dimenticarcele e tornare in astinenza da “robe da Bof”.
Lo chiamiamo così, tutte quello che ci è bombardato addosso in una sera durata tanto (inchiodati sulle poltrone fino alla una) ma comunque troppo poco. E siccome non abbiamo ancora fatto in tempo a riordinare tutto quello che ci è successo, apriamo il sacco della mente e buttiamo fuori quello che viene: magari ci aiuta a capire un po’ di più.
E allora, via. I saluti: prima, durante, dopo. La nostra amica Bebe Vio e i suoi magici genitori capaci di far sorridere il mondo. La piccola Margherita, nata senza un braccio ma con un sorriso grande così e, anche qui, due genitori incredibili («Siamo così perché lei ce lo chiede tutti i giorni» ci hanno detto a fine serata). E ancora. Devis Mangia che nemmeno questa volta è voluto mancare, salendo sul palco per dire parole che non hanno nascosto l’emozione. Riccardo, e la sua gioia contagiosa dopo l’esibizione sul tappeto da ginnastica, davanti al mondo. Rita Cuccuru la conoscevamo già perché a correre con lei a Berlino c’eravamo pure noi: non conoscevamo la sua famiglia e le lacrime di quel papà sono diventate lacrime anche nostre. Mica finita. La squadra di basket in carrozzina che ancora una volta ci ha dato un motivo in più per gridare “Forza Cimberio” e la banda di matti degli sciatori: da Nicola in giù. Dimentichiamo qualcuno? No: semplicemente, qualcuno abbiamo deciso di tenercelo per noi, e solo per noi. Ce ne andiamo con un’immagine, l’ultima. Su quel video finale - forte, cattivo, bastardo - che il Bof ci ha sparato, hanno pianto tutti. Abbiamo pianto anche noi, che quelle immagini in bianco e nero degli ospiti de La Sacra Famiglia le avevamo già viste tante volte. Ci è scappato lo sguardo in platea, dove stava seduto Stefano Sottili: e non ce l’abbiamo fatta a non vedere le sue lacrime. Sì: il Bof ce l’ha fatta anche stavolta.
Ha fatto piangere l’allenatore del Varese, e l’ha conquistato. 

Antonio Triveri (La Prealpina 17/04/14)
Non è dolore, né pena. Non è nemmeno nostalgia. Le lacrime che sgorgano sincere non sono spine della vita ma boccioli di gioia, frutti golosi di momenti irripetibili dei quali cibarsi a piene mani con sorrisi e applausi. Si spengono le luci, s’accende il proiettore e basta già il primo filmato per inumidire gli occhi di chi ha scelto di esserci. Sergio Gianoli, Stefano Zanini e Roberto Bof, i tre moschettieri di quell’inesauribile e verdissimo pianeta chiamato Sestero, sono “Padri di una buona idea”. E sono supereroi perché hanno il raro potere di aprirti il cuore, riportando chiunque là dove i sogni hanno il profumo, l’odore e le fattezze della realtà. Quella più autentica, cruda, eppure completa, travolgente.Ci erano mancate le onde magnetiche del cinema Vela, ci erano mancati quegli uragani di emozioni tra palco, platea e galleria, ci erano mancate quelle sensazioni che ti cambiano gli occhi, lo sguardo, l’umore, l’anima. Non era andato disperso, ma quel magico tesoro custodito nello scrigno del bello e del buono avevamo voglia di rivederlo, risentirlo, ritoccarlo. Ne sentivamo il bisogno perché la quotidianità troppo spesso uccide i sensi e ci deruba dei sentimenti migliori. Ora, grazie agli amici Sergio, Stefano e Roberto, grazie al “trio meravigliao” e soprattutto ai loro angeli con le ali colorate, l’abbiamo riportato alla luce, acceso dal sole dell’amicizia, della generosità, del volontariato. Tutto per quel fantastico serbatoio di campioni che nel Varesotto, in questa contea di laghi, monti e trionfi, non smettono di regalarci e regalarsi vittorie. Sui campi, sulle piste, nelle piscine, sugli specchi d’acqua e nelle palestre. Soprattutto nella vita di ogni giorno, quella che ti mette contro gli avversari peggiori ma anche quella che dona i successi più importanti e genuini. Tra i vincenti, idealmente, c’è anche Bruno Arena, salutato con un mega striscione nel ventre del teatro delle emozioni: anche lui, il Fico più fico, sta vincendo la sua partita. Anche lui stretto nell’abbraccio della Varese che vorremmo vivere ogni giorno.