16 aprile 2013

UNA STORIA MERAVIGLIOSAMENTE NORMALE



Quella dell’Handicap Sport Varese è una storia normale. Ragazzi ai quali non piace vincere facile. Nello sport come nella vita ogni vittoria l’hanno conquistata. Quando hanno voluto giocare a basket come potevano, da seduti, hanno conquistato il cuore di un protagonista della grande Ignis, Nino Cescutti. Non erano quattro amici al bar. Erano qualcuno di più e passavano le giornate in un Istituto di Casciago. Con determinazione, passione e un pizzico di cattiveria verso la vita hanno generato dal nulla una fotografia in bianco e nero per dimostrare al mondo che esistevano ed erano diventati una squadra. Ma il mondo in cui vivevano non girava al loro ritmo. Cescutti, di fatto il loro primo maestro, tornò a Udine, gli spazi in palestra diventarono sempre più piccoli e i costi dell’agonismo sempre più grandi. Ma anche in quegli anni non hanno mai smesso di giocare per divertirsi e nelle scuole, per raccontarsi e raccontare il sogno di ricominciare con nuovi compagni di viaggio. Non se ne accorgevano ma, piano piano quella sbiadita foto in bianco e nero stava ritornando a fuoco. In una sera speciale il giocatore che ha vestito più volte la maglia della Pallacanestro Varese diventandone nel frattempo il Presidente lanciò loro un assist che per nessuna ragione al mondo Carlo, Antonio, Alessio e Giorgio vollero vedere sul tabellino nella casella “palle perse”.
L’iniziale commozione si trasformò in entusiasmo. I quattro amici di sempre diventarono sempre di più entrando nella leggendaria Pallacanestro Varese, prima società professionistica in Italia a comprendere una squadra di basket in carrozzina. La ripresa nel campionato di serie B con le lunghe trasferte affrontate in macchina. E le carrozzine? Ognuno si paga le proprie e chissenefrega! Come finì quel campionato definito della rinascita nessuno se lo ricorda più. Così come nessuno dei presenti sabato scorso a Cremona sapeva il risultato della partita che ha spinto l’Handicap Sport Varese in serie A.
In campo, in panchina e in tribuna nessuno era in grado di leggere il tabellone. Gli occhi tracimavano lacrime, il cuore gioia. Era già capitato il sabato precedente nello spareggio al palazzetto che aveva spalancato la porta dei play off. Alessio e Giorgio non sono più in campo ma non sono mai mancati. Carlo e Antonio sono in panchina con il patentino di allenatori, con loro c’è Francesco che quest’anno ha ritrovato se stesso e l’amore per il basket, decretato “miglior giocatore dei play off”. E poi lo statuario Badara, il più abbronzato di tutti al pari del suo amico Biaye. Quel gran rompiscatole del capitano, Daniele, Remo lo “svizzero”, il furetto Momo, Alan “faccione”, lo straripante Marco, Giampaolo, Mauro, il minuscolo Alessandro, Mattia detto “il sedicenne più grande del mondo”, Vincenzo, Fabio, Riccardo, Mirko...ma quanti sono? Ormai abbastanza per formare due squadre. Ecco, è questa la vittoria più bella. L’immagine di quella corposa e ringiovanita panchina biancorossa. Tutto è ripartito dallo spirito di quella foto in bianco e nero lasciata per troppo tempo in un cassetto. Uno spirito che non deve cambiare. Nemmeno il nome deve cambiare: Handicap Sport Varese.  Alla larga chi ha già fatto e sta facendo disastri sprecando neuroni ed energie nel trovare definizioni per rappezzare una cultura che non c’è. Nessuno dei protagonisti di questa storia normale merita di veder ribattezzare la loro passione “Diversamente Sport Varese”. Perché questa è una meravigliosa storia normale, esente da elemosina e pietismo alla quale manca ancora qualcosa. Una nuova foto a colori, con i ragazzi di ieri e di oggi insieme a quel primo maestro in bianco e nero: Nino Cescutti. 
Sarebbe la naturale chiusura del cerchio di una una storia normale scritta e vissuta non da eroi ma da persone normali che lavorano, studiano e sgomitano in una diversamente società.