29 dicembre 2009

BUON 2010, BARBARA!

Che bel risveglio nel 2010 sarebbe, se una donna in gravidanza alla quale viene diagnosticato che il figlio in arrivo è down, avesse la possibilità di incontrare e parlare con la mamma di un bimbo down. Se, nel giorno del parto, insieme all’abbraccio del compagno, dei familiari e degli amici, ricevesse ogni indicazione a tutela del figlio, sanitaria e sociale. Se, al suo ritorno a casa potesse attaccare un bel biglietto davanti al telefono con scritti i numeri da chiamare per qualsiasi necessità, perplessità e dubbio. Se, allattando prima e prendendo per mano poi il suo bambino, potesse conoscere, ma soprattutto scegliere, per lui, ogni opportunità ludica, scolastica, sportiva. Se potesse a sua volta raccontare e raccontarsi, per essere utile a chi sta iniziando il suo stesso cammino. Se potesse contare su una rete di Servizi, Istituzioni e Associazioni che informano, promuovono e organizzano attività rivolte ai reali bisogni dei ragazzi e delle loro famiglie. E su delle Università capaci di preparare professionisti in grado di coniugare il sapere con l’essenza dell’umanità: la mente e il cuore. Serve una presa di coscienza, schietta e sincera. “Diversamente abili” è una definizione che andrebbe cancellata dalla faccia della Terra. Insieme all’ipocrisia. Perché normodotati e disabili non sono “tutti uguali”. Tra questi due (altrettanto odiosi) estremi, esiste un mondo francamente slegato, spesso “tignoso”, ma ricco di passione, professionalità e competenza, che deve concentrare i propri sforzi su una priorità: il bambino e la sua vita. Per questo occorre dare risposte a domande semplici quanto essenziali: chi e come sono i down? Nella nostra provincia, dove sono inseriti e chi si occupa di loro? Chi se ne prende carico per supportare i genitori nel percorso di crescita verso l’età adulta? E soprattutto: cosa vuol dire “prendere in carico” un down e la sua famiglia? La vita di un down, o meglio, dei down, si è notevolmente allungata. Quindi, gli anziani non sono più mosche bianche. Senza genitori, dove finiscono? I professionisti, i docenti e gli studenti davvero capaci, disponibili a mettersi in gioco e a partecipare a convegni specialistici e ad occasioni di confronto vero, non mancano. La loro presenza dovrebbe essere costante, a prescindere dallo zuccherino dei crediti formativi. Gli operatori veri, quelli ai quali vorrebbe rivolgersi la mamma del “nostro down”, devono dimostrarsi attenti e sensibili e recepire le reali necessità di chi ha bisogno, per costruire un percorso utile alla sua crescita, senza sprecare energie preziose nel coltivare il proprio orticello. Una sera, una giovane studentessa varesina, voleva concludere la sua tesi di laurea intitolata “Sport e disabilità intellettiva”, con una intervista al sottoscritto. “Penso sia la conclusione ideale - mi disse - la parola all’esperto!” Esperto…nel prenderla per mano e portarla a casa di Barbara. “Questa signorina ha bisogno di te - dissi a Barbara, down, 37 anni, valente nuotatrice, presentandole la futura dottoressa – mettetevi tranquille nella tua cameretta.” I più preoccupati erano gli splendidi genitori di Barbara: “ chissà che testa le farà, povera signorina!” Le due primedonne sono tornate da noi dopo 2 ore. Barbara era la stessa di sempre: “buona notte a tutti. Domani devo alzarmi presto perché al lavoro faccio il turno del mattino.” Buona notte a te Barbara - rispose la laureanda - per me invece sarà una lunga notte. Ho una tesi da scrivere daccapo…”. Una notte spesa bene. E al risveglio… che bel venerdì mattina sarebbe…